Gradara è una piccola e bellissima cittadina medievale già in provincia di Pesaro e Urbino ma distante dal nostro hotel solo 23 chilometri. Può essere l’occasione per una gita di un giorno o di mezza giornata perché ha un bellissimo castello da visitare ed è una cittadella antica tutta da scoprire.
Dal Bing a Gradara in auto
Se volete arrivarci in auto e avete fretta, la cosa più pratica è prendere l’autostrada a Riccione. Cioè, dal nostro hotel girate a destra e vi immettete su viale Guglielmo Marconi fino a incrociare via Cavalieri di Vittorio Veneto. Girate a destra e arrivate fino alla Strada Statale 16 Adriatica / via Flaminia, girate a sinistra e seguite le indicazioni che vi porteranno all’autostrada. Dall’A14 uscite a Cattolica – San Giovanni in Marignano – Gabicce e seguite le indicazioni per Cattolica prima e per Gradara poi. Altrimenti, potete restare sulla Statale 16 e proseguite fino a che non troverete le indicazioni per Gradara ma dovrete attraversare il centro abitato di Riccione e potreste trovare molto traffico.
Dal Bing a Gradara in bici
Se volete arrivarci, invece, su una bici da corsa o su una gravel (tra andata e ritorno sono circa 50
chilometri), vi conviene prendere la ciclabile che costeggia il lungomare in direzione di Riccione / Misano Adriatico e continuare in direzione sud fino a Misano Adriatico, Portoverde e poi Cattolica fino a incrociare via Verdi che prenderete sterzando a destra, lasciandovi il mare alle spalle. Dopo un po’ andate su via Boccaccio alla vostra destra e poi girate a sinistra in via Viola e poi ancora a destra in via Bandiera. Questa termina in una rotonda che vi immette in via Garibaldi. Prendetela alla vostra sinistra e dopo poche pedalate avrete superato il confine regionale: siete nelle Marche. Via Garibaldi diventa via Romagna. Abbandonatela quando sulla vostra destra trovate via Zandonai. Prendete quest’ultima e poi imboccate via del Mercato che sbuca, andando a destra, su via Aldo Moro. Percorretela fino all’incrocio con Strada Ferrata che prenderete andando a sinistra. Questa vi permetterà di attraversare la Statale 16 e poi, immettendosi in via Francesca da Rimini, di superare anche l’Autostrada A14. A questo punto vi sarà sufficiente seguire i cartelli che indicano la direzione per Gradara per arrivare, dopo pochi chilometri, alla meta del nostro breve viaggio. Come detto, l’ultimo tratto, quello che porta al borgo medievale, è una breve ma ripida salita che porta ai 76 metri sul livello del mare del borgo antico. In sostanza, un piccolo muro di una classica del nord del ciclismo.
Gradara e il Castello Malatestiano
Arrivati nel borgo antico, sia che ci siate arrivati in auto; sia che ci siate arrivati in bici, troverete tante cose interessanti da fare. La più “classica” e importante è visitare il Castello Malatestiano. Questa rocca fu edificata nel 1150. Pensata come struttura puramente difensiva e militare, divenne nel corso del tempo anche una dimora nella quale i Malatesta prima e i Montefeltro poi amavano passare del tempo. Tant’è che gli ambienti interni sono molto eleganti, abbelliti da opere d’arte preziose come il dipinto “La Battaglia” di Amico Aspertini; la Pala di terracotta realizzata da Andrea della Robbia e la pala d’altare di Giovanni Santi, il padre del grande Raffaello Sanzio.
Paolo e Francesca a Gradara
Secondo la leggenda, fu questo il Castello nel quale trovarono la morte Paolo Malatesta e Francesca da Polenta, sorpresi da Gianciotto Malatesta, marito di lei e fratello di lui, che li accoltellò dopo averli sorpresi in atteggiamenti intimi. Il loro amore fu cantato da Dante nel V canto dell’Inferno della Divina Commedia. Pensate che si può visitare la camera di Francesca, dove si trova la botola che, sempre secondo la leggenda, Paolo utilizzava per raggiungerla. Ma da vedere non c’è solo il castello. Anche la cinta muraria lunga ottocento metri, con quattordici torri quadrate, merita di essere percorsa; così com’è bene fermarsi a dare un’occhiata alla torre dell’orologio, un arco a tutto sesto sovrastato da una torre quadrata decorata con gli stemmi dei Montefeltro, degli Sforza e dei Malatesta. E’ la porta che immette nel borgo antico.
Gradara e i tagliolini con la bomba
Non potete finire vostra ciclopasseggiata senza fermarvi in uno dei tanti ristoranti del centro storico. La cucina gradarese è molto simile a quella romagnola trovandosi, la cittadina, quasi a cavallo fra le due regioni. Tuttavia, un piatto particolare che potrete gustare solo qui o, più raramente, nei paesini delle vallate del Conca e del Foglia c’è: i tagliolini con la bomba. Delio Bischi, veterinario di Piobbico in provincia di Pesaro e Urbino e studioso delle tradizioni locali, così descriveva i tajulin sa’ l sgagg (sgagg, nel dialetto del luogo significa “rumoroso”) nel suo “La civiltà contadina nelle tre valli (Metauro, Foglia, Conca)”, edito dall’Enohobby di Gradara nel 1980: “Negli enormi camini delle case di campagna, nel periodo invernale, c’è sempre il fuoco acceso e, appeso alla catena, il caldaio in rame, è sempre quasi pieno d’acqua ad elevata temperatura. A mezzogiorno “l’azdora” mette del sale nell’acqua ed aumenta il fuoco sotto il caldaio, poi si accinge a fare la sfoglia con farina e acqua. La sfoglia, non tirata tanto sottile (tre o quattro millimetri di spessore) viene tagliata a fettuccine sottili, ottenendo dei tagliolini a sezione quadrata. Quando l’acqua nel caldaio bolle, butta dentro i tagliolini e contemporaneamente “l’azdora” su dei carboni accesi, in un tegamino di terracotta, fa soffriggere dei cubettini di lardo o di pancetta grassa e quando questi sono rosolati, i tagliolini nel caldaio hanno raggiunto la cottura. L’”azdora” scopre il caldaio e versa il contenuto del tegamino sui tagliolini bollenti. Il lardo (o pancetta) bollente a contatto dell’acqua, pure bollente, produce una esplosione di vapore (“bomba”). Poco dopo, circa un minuto, tira giù il caldaio e tutto il contenuto, amalgamato, lo versa nelle terrine o pentoloni in terracotta e lo serve a tavola. Non si sa per qual motivo (dicono oggi) è un piatto che veniva mangiato bollente: forse, con la fame che avevano in corpo, speravano di prenderne ancora un piatto, prima degli altri e prima che finissero. Si dice che i ragazzi di allora avessero il naso sempre spellato, perchè affamati e per poterne mangiare un secondo piatto, mangiavano col risucchio e talmente in fretta che i tagliolini, nello svincolarsi dal piatto, sbattevano bollenti sul naso, producendo delle scottature che difficilmente riuscivano a guarire, perché il piatto in parola veniva mangiato quasi tutti i giorni, e quindi le ferite non facevano in tempo a rimarginare. A proposito del risucchio raccontano che i componenti (n. 19) della famiglia di Martnett, che abitava in una casa colonica a pochi metri dalla ferrovia, un giorno, mentre erano a tavola a mangiare i tagliolini con la bomba al risucchio, non hanno sentito passare il diretto Bologna-Ancona delle ore 12,30, dal gran fragore prodotto dal risucchio”. Insomma, avete più di qualche motivo per andare a Gradara: Architettura medievale, Paolo e Francesca e… i tagliolini con la bomba.