Domenica 9 aprile si festeggia la pasqua. La tradizione, un po’ in tutta Italia, è quella di bandire la tavola della colazione in maniera particolarmente ricca, con tanti cibi sia salati che dolci; con il vino e con, pietanza immancabile, l’uovo sodo. Perché si sia soliti abbondare così tanto nella colazione della mattina di Pasqua è presto detto. In teoria si arriva da un periodo di digiuno che attraversa tutta la quaresima, dalla fine del carnevale fino, appunto, alla domenica di pasqua. Un tempo, questo periodo di rinunce e di digiuno era particolarmente sentito e molte persone legavano a questo anche dei piccoli “fioretti”, cioè degli atti volontari di rinuncia a qualcosa, aspettandosi non tanto una ricompensa quanto volendo compiere un atto d’amore verso il divino.
Perché si mangia l’uovo sodo a pasqua?
Al concetto della resurrezione di Gesù si lega la presenza in tavola dell’uovo sodo che per i cristiani diventa il simbolo della resurrezione e della vita eterna. In realtà, già molto prima di Cristo l’uovo era considerato come un oggetto sacro e dal forte significato evocativo, in quanto custode di una nuova vita. Pensate che i Persiani (stiamo parlando di almeno 600 anni prima della nascita di Gesù) si scambiavano uova di gallina come gesto di buon auspicio per l’inizio della primavera. Questa tradizione si diffuse poi nel tempo fra le popolazioni egizie, greche e romane, con questi ultimi che usavano sotterrare un uovo dipinto di rosso nei terreni da coltivare come rituale per renderli fertili dopo l’inverno. Nel medioevo la tradizione dell’uovo come dono di pasqua si diffuse in tutta Europa. Fino a che, nel Settecento, un cioccolatiere francese, David Chaillou, inventò l’uovo di pasqua al cioccolato. Ma questa è un’altra storia che magari racconteremo l’anno prossimo…
La colazione pasquale romagnola
Tornando a noi, come si presenta la tavola della tradizionale colazione pasquale in Romagna? Il rito, in realtà, inizia il sabato santo, quando ci si reca in chiesa a far benedire le uova. La domenica mattina, sulla tavola, si dovrebbe stendere una tovaglia rigorosamente bianca, così come i tovaglioli. Su questa, le uova sode benedette il giorno prima, il salame, la ciambella, il vino bianco, il caffè e… la pagnotta pasquale romagnola. Si tratta di una colazione particolarmente ricca in calorie (e abbiamo spiegato il perché) ma che molte famiglie contadine potevano permettersi anche nei secoli passati. Pagnotta e ciambella le preparavano le “azdore” di casa (cioè le donne alle quali era tradizionalmente demandata la cura delle faccende di casa, le vere “assi portanti” di ogni famiglia delle campagne romagnole). Alle uova ci pensavano le galline; il maiale era stato lavorato a gennaio assieme agli altri contadini del vicinato; il vino veniva spesso da piccole vigne di famiglia. Giusto l’odierno caffè era sostituito dai più “autarchici” orzo o cicoria.
Tante regioni, altrettante colazioni
Un piccolo inciso: come dicevamo all’inizio, l’abitudine di approntare una colazione molto ricca nella domenica di pasqua è propria di tutte le regioni italiane. E questo fa sì che, a seconda delle consuetudini, cambino alcuni cibi da gustare (ma non l’uovo sodo che è un “must”). Per fare degli esempi: in Umbria potrete trovare capocollo e lombetti, oltre al salame. Ma anche la pizza al formaggio. A Roma potreste trovare la frittata con i carciofi, la coratella e la pizza sbattuta (una sorta di Pan di Spagna). Nelle Marche fave, pecorino e la loro versione della pizza pasquale.
La pagnotta pasquale romagnola, secondo noi
Per quel che riguarda la Romagna, l’alimento più particolare di questa tavola mattutina è, senz’altro, la pagnotta pasquale. Essendo un dolce della tradizione contadina, ha origini antiche ed è molto semplice da preparare. Potremmo definirlo quasi un “pane addolcito”, giusto arricchito con qualche uvetta e qualche anice. Come sempre in Romagna, la ricetta cambia da provincia a provincia, da vallata a vallata, da paese a paese e da famiglia a famiglia. Quella che vi mettiamo a disposizione, viene dalla Valconca e la dovreste trovare, così come ve la fornisco, senza varianti, nei paesini di Taverna di Montecolombo, Santa Maria del Piano (una frazione di Montescudo) e Fratte di Sassofeltrio. Ingredienti. Un chilo di farina; sei uova; un bicchiere di olio di semi; un bicchiere di zucchero; una scorza di limone grattugiata; tre cubetti di lievito; anici e uva sultanina quanto basta; latte per impastare quanto basta. Preparazione. Impastate tutto assieme: farina, uova, latte, olio di semi, zucchero, limone grattugiato, i tre cubetti di lievito che avrete prima sciolti nel latte, anici e uva sultanina. Lavorate il tutto fino a ottenere una morbida consistenza. Versate in uno stampo e infornate a 150 gradi per un’ora circa.