La piada, il cibo nazionale romagnolo

Potevamo iniziare a scrivere il primo articolo di questo blog da un altro cibo che non fosse la piadina romagnola? Potevamo? No, non potevamo. Perché la piadina è il “cibo nazionale” della Romagna; il segno culinario identitario che unisce costa ed entroterra; Ravenna con Cattolica; Rimini con Cesena (pur nelle differenze di preparazione).

Si dice piada o piadina?

Una piada farcita con prosciutto crudo e formaggio. In copertina, piada farcita con crudo, marmellata di fichi e parmigiano a scaglie (foto di fry_theonly da flickrs.com).

Prima di tutto, dobbiamo chiamarla piada o piadina? In realtà, i due termini sembrano accompagnare di pari passo questo piatto tipico e quindi noi abbiamo deciso di usare indifferentemente sia l’uno che l’altro. Però, la prima volta che si trova descritto questo cibo è in un documento del 1371 e lo si chiama piada. Si tratta di un elenco di tributi che la città di Modigliana, in provincia di Forlì e Cesena, doveva alla Camera Apostolica Romana. E’ contenuto nella Descriptio Provinciae Romandiolae, uno scritto di Anglico de Grimoard, meglio conosciuto come Cardinale Angelico. In questo documento si afferma che tra i tributi della città figurano anche due piade. Probabilmente erano molto diverse da quelle che conosciamo oggi.

La piada nella storia

Da allora la piada è diventata, nel corso dei secoli, prima il “pane povero” delle case contadine e poi una succulenta alternativa a questo. A fine Ottocento non c’era una casa delle nostre vallate dove una donna che volesse godere di rispetto non la sapesse preparare. Dicevamo che era il “pane dei poveri”. In questo senso è iconica la struggente poesia “La Piada” di Giovanni Pascoli. Il poeta di San Mauro, che aveva provato l’estrema povertà dopo l’assassinio del padre, con il suo stile malinconico racconta, nella quarta parte di questa lunga ode, di come l’amata sorella Maria prepari l’impasto e di come lui stesso lo cuocia sul testo.

 

Il mio povero mucchio arde e già brilla:

pian piano appoggio su due mattoni il nero testo di porosa argilla.

Maria, nel fiore infondi l’acqua e poni il sale; dono di te, Dio;

ma pensa! l’uomo mi vende ciò che tu ci doni.

Tu n’empi i mari, e l’uomo lo dispensa nella bilancia tremula:

le ande tu ne condisci, e manca sulla mensa.

Ma tu, Maria, con le tue mani blande domi la pasta e poi l’allarghi e spiani;

ed ecco è liscia come un foglio, e grande come la luna;

e sulle aperte mani tu me l’arrechi,

e me l’adagi molle sul testo caldo, e quindi t’allontani.

Io, la giro, e le attizzo con le molle il fuoco sotto,

fin che stride invasa dal calor mite, e si rigonfia in bolle:

e l’odore del pane empie la casa.

La piada: da pane dei poveri a bontà gourmet

Insomma, la piada come pane; al posto del pane. Spesso queste piade sono preparate con farine povere di

Giovanni Pascoli fotografato nelle campagne di Castelvecchio (upload.wikimedia.org).

mais o di farina di grano e mais mescolate. E quelle di pura farina di frumento e arricchite con lo strutto del maiale sono già un cibo che non tutti si possono permettere. Nel secondo dopoguerra, la piadina si trasformerà, pian piano, in un accompagnamento “goloso” per affettati o erbe di campagna; per formaggio squacquerone o salsiccia e cipolla; per gratinati o porchetta; per i “sardoncini” o per una croccante insalata. Il suo successo è dovuto alla sua versatilità: esalta i sapori di tante pietanze che le vengono accoppiate. Pensate che una delle mode degli ultimi anni è farcire la piadina con la nutella

La piada: perché nasce proprio in Romagna?

Gli storici sono propensi a credere che siano stati gli Etruschi a insegnare alle altre popolazioni italiche di quel periodo (stiamo parlando del 900 avanti Cristo) come cucinare i cereali e, soprattutto, la farinata che, molto probabilmente, fu l’antenata storica della piadina. Dalla farinata etrusca, attraverso i secoli, con il cambio graduale degli ingredienti, si sarebbe arrivati alle prime “piade”. Oggi è importante sottolineare che la piada o piadina che dir si voglia è un prodotto IGP (Indicazione Origine Protetta), sia quando parliamo di quella artigianale; sia di quella industriale. Anzi, le Igp sono due: la piadina/piada romagnola Igp e la piadina/piada romagnola alla riminese Igp. Queste Igp sono frutto di una sentenza della Corte Europea e di un successivo regolamento emanato dalla Commissione europea i quali hanno stabilito che: “sussiste un legame tra la reputazione del prodotto, anche industriale, e la sua origine geografica” e, dunque, “la piadina romagnola Igp può essere prodotta solo in Romagna in ragione di fattori umani”. Ecco perché noi romagnoli possiamo orgogliosamente affermare che la piada è il nostro cibo nazionale.

Piadine artigianali (foto di Sergio Bellavista da Commons.wikimedia.org).

Le piadine: quali differenze?

Ci sono differenze nel modo di cucinare la piada? Le diversità più grandi si trovano nella grandezza e nell’altezza delle piade stesse. Più si sale verso il nord della Romagna, più le piade tendono a essere spesse; più si scende verso sud e più tendono a essere larghe e sottili. Se si sale fino all’Appennino romagnolo, vedrete che tendono a essere abbastanza alte ma di diametro più contenuto. Per il resto, la ricetta cambia in piccoli particolari non solo a seconda di quale zona della Romagna ci troviamo, ma addirittura da famiglia a famiglia, com’è tipico per moltissimi cibi della tradizione.

La ricetta della piada

E, visto che il modo di preparare la piada è cambiato nel corso dei secoli e muta leggermente ancora oggi da città a città o da famiglia a famiglia, noi vi lasciamo una ricetta “classica” che potrete provare a replicare anche a casa vostra (purché abbiate il testo per cuocerla).

 

Ingredienti

  • 500 gr di farina 0
  • 100 gr di strutto
  • un pizzico di sale
  • un pizzico di bicarbonato
  • Acqua quanto basta (o 250 ml di latte se la si vuole rendere un po’ più morbida)

 

Preparazione

Piada cotta sul testo (foto di Luca Vanzella da flickr.com).

Sul tagliere, formate una “fontana” con la farina e, al centro, mettete lo strutto, il bicarbonato e il sale.

Aggiungete l’acqua (o il latte) per impastare tutti gli ingredienti fino a formare una palla morbida. Tagliatela a pezzi di uguale misura formando delle palle più piccole che tirerete col mattarello per creare dei dischi di un’altezza massima di circa 4/5 millimetri. Nel frattempo, scaldate il testo di ghisa a fuoco alto sul fornello. Quando il testo sarà caldo, appoggiategli sopra il primo dei vostri dischi di piada e bucherellatelo con una forchetta. Giratelo un paio di volte per circa trenta secondi e, quando la piada sarà cotta, farcite a piacimento.