Novembre: è il momento del formaggio di fossa

Abbiamo già parlato di un formaggio tipico romagnolo, lo squacquerone, ma adesso siamo in novembre ed è il

Formaggio di fossa. Foto di Antoine Fleury Gobert da commons.wikimedia.org. In copertina, formaggi di fossa a riposo.

momento giusto per parlare del formaggio di fossa. Perché, vi chiederete? E cos’è il formaggio di fossa? Andiamo con ordine. Questo tipo di formaggio è tipico della Romagna ma viene lavorato anche in alcune zone delle Marche e dell’Umbria. Nella nostra regione le zone di produzione sono ben determinate: Sogliano al Rubicone, Talamello, Sant’Agata Feltria e Mondaino. La tradizione vuole che verso la fine del mese d’agosto, circa 20/25 forme che siano maturate per almeno tre mesi all’aria aperta o in celle, siano avvolte in teli bianchi e poste all’interno di sacche che, a loro volta, vengono coperte di fieno e sistemate in una grotta tufacea a forma di botte, profonda circa tre metri e larghe due. All’interno di queste cavità, l’umidità deve essere dell‘80/90 per cento e la temperatura di circa venti gradi.

Il formaggio nella fossa

Le fosse, prima di essere riempite col formaggio, vengono pulite bruciando paglia e sterpi e poi rivestite di paglia e canne per facilitare la sgocciolatura del siero ed evitare il contatto dei formaggi con le pareti. Dopo aver stivato i sacchi di formaggi su delle assi, le fosse vengono chiuse con coperchi di legno e le forme rimangono a maturare nelle grotte per circa tre mesi. Le muffe che naturalmente si svilupperanno in quell’ambiente umido, buio e chiuso, andranno ad arricchire il sapore del formaggio. Oltre alle muffe, nelle fosse avverranno anche processi di trasformazione batteriologica delle forme; l’ossigeno sarà consumato dalla rifermentazione dei formaggi che nel frattempo matureranno e acquisiranno aromi e gusti che in altri ambienti non potrebbero acquistare. Normalmente l’apertura delle fosse avviene il 25 novembre, giorno di Santa Caterina d’Alessandria. Il giorno non è scelto a caso. Infatti, si narra che Caterina d’Alessandria martire fu decapitata ma che dal suo corpo non sgorgò sangue bensì latte. Ed ecco spiegato perché questo è il momento giusto per parlare del formaggio di fossa.

La storia delle fosse

Una fossa di Sogliano al Rubicone. Foto di Madeline K. B. Ross da commons.wikimedia.org.

Perché in determinati paesi dell’Appennino romagnolo si sviluppò questa tecnica di conservazione e maturazione del formaggio? I primi documenti certi dell’esistenza delle fosse risalgono al tempo dei Malatesta, signori di Sogliano e appartenenti a un ramo cadetto della potente signoria riminese. In quella che è tutt’oggi considerata la

più antica “patria” del formaggio di fossa, pare che i contadini del tempo, a seconda delle stagioni, consegnassero a delle buche scavate nel terreno non solo i formaggi, ma anche cereali e generi alimentari di varia natura. Lo scopo era triplice: conservare i beni in un ambiente protetto; sottrarli a briganti e malfattori che, organizzati in bande, percorrevano le vie della signoria malatestiana e, infine, nasconderli al fisco del tempo. Non si sa mai…

In principio fu la ghiacciaia

Probabilmente le fosse di Sogliano sono figlie delle ghiacciaie che già utilizzavano i romani e, prima di loro, i greci, gli assiri e i cinesi. La tecnica era scavare delle grandi fosse, accessibili con dei tunnel e, se possibile, impermeabilizzarle. Dopo di che, sul fondo si adagiava della neve che veniva pressata e isolata con foglie e paglia. Ogni strato di neve pressata serviva per conservare i cibi durante la stagione calda. Una tecnica che era in uso ancora fino agli anni ’20 del Novecento, quando fu inventato il frigorifero domestico. La conoscenza dell’utilizzo delle ghiacciaie si pensa abbia influenzato la scelta di creare delle fosse per la conservazione del cibo e, di conseguenza, per la stagionatura del formaggio.

Un formaggio dal gusto “deciso”

Ma com’è il “fossa”? Dal sapore caratteristico e piccante, si contraddistingue per un odore molto intenso e

Una lasagna al formaggio di fossa e miele.

pungente. L’alta percentuale di grassi e proteine lo rende uno dei formaggi più digeribili in assoluto, perfetto in abbinamento con miele e confetture. Questo cacio può provenire da latte di pecora, oppure da latte misto (vaccino e pecora). Nella tradizione, era prevalente il latte di mucca o il misto e si utilizzava latte crudo ma, da quando alcuni di questi “fossa” hanno ottenuto la Dop (Denominazione d’origine protetta), si deve utilizzare latte pastorizzato a 71 gradi per quindici secondi. La lavorazione del latte deve avvenire entro 48 ore dalla mungitura ed essere coagulato con caglio naturale a temperatura compresa tra i 30/38 gradi con tempi di posa da sette a venti minuti. Poi la cagliata è messa nelle forme per fare uscire il siero e pressata a mano. Le forme devono avere un diametro fra i dodici e venti centimetri e un’altezza di sei – dieci centimetri, con un peso tra 600 grammi e i due chili.

Le fiere del formaggio di fossa

Cari amici turisti, se pensate a qualche scappatella in Romagna uno di questi giorni, non perdete l’occasione di visitare qualche sagra dedicata al formaggio di fossa che si svolge in questo periodo perché, come vi dicevamo, è proprio questo il momento dell’apertura delle fosse. Vi farete delle idee ancora più precise su questo tipico cacio. Vi segnaliamo quelle di Sogliano al Rubicone (il 20 e 27 novembre e il 4 di dicembre); di Talamello (13 e 20 novembre); di Mondaino (20 e 27 novembre).